Cannabis Light in Italia: Un Motore Economico da 2 Miliardi che la Politica Continua a Ignorare
Nonostante le difficoltà normative e le restrizioni alla comunicazione commerciale, il settore della cannabis light in Italia continua a crescere e si conferma come uno dei comparti agricoli più vivaci del Paese. Secondo lo studio realizzato da MPG Consulting su incarico dell’associazione Canapa Sativa Italia, il solo mercato delle infiorescenze di Canapa Sativa L., senza considerare oli al CBD o trinciati, genera un impatto economico che si avvicina ai 2 miliardi di euro, con oltre 22.000 occupati a tempo pieno lungo tutta la filiera.
Lo studio, firmato dall’economista Davide Fortin insieme all’avv. Maria Paola Liotti, è stato presentato ufficialmente alla Camera dei Deputati il 2 aprile, ma i dati principali sono già stati resi pubblici. E raccontano una realtà che merita attenzione: quella di un’industria agricola innovativa, capace di coniugare sostenibilità, occupazione e valore economico, ma ancora in cerca di un vero riconoscimento istituzionale.
Quasi 2 miliardi di euro e oltre 22.000 lavoratori: i numeri della filiera
Il report distingue tra impatto diretto e indiretto. Il primo, legato alla coltivazione, lavorazione e distribuzione delle infiorescenze, ammonta a circa 991 milioni di euro, coinvolgendo oltre 12.500 lavoratori tra agricoltori, trasformatori e operatori commerciali.
L’impatto indiretto, invece, tocca professionisti e servizi accessori: avvocati, commercialisti, operatori bancari, sviluppatori, fornitori di attrezzature agricole e packaging. Questo secondo livello genera ulteriori 970 milioni di euro, con quasi 10.000 lavoratori impiegati. In totale, la cannabis light italiana sostiene 22.379 posti di lavoro, rappresentando un asset economico non trascurabile per il sistema produttivo nazionale.
Quale modello per il futuro? Concorrenza o monopolio
Lo studio propone due scenari alternativi per il futuro del settore. Il primo, basato sul modello attuale, prevede la libera vendita delle infiorescenze tramite negozi specializzati, e-commerce e tabaccai. In questo contesto, l’impatto economico raggiunge i 1,96 miliardi di euro, mantenendo alti livelli di occupazione e favorendo la diversità degli attori coinvolti nella produzione e nella vendita.
Il secondo scenario ipotizza un monopolio statale affidato ai tabaccai, con un’imposizione fiscale del 56,5%. In questo caso, il valore del mercato si ridurrebbe drasticamente, scendendo tra 148 e 247 milioni di euro, con una perdita secca di oltre 1,4 miliardi di euro tra impatto diretto e indiretto. I lavoratori coinvolti sarebbero appena 6.000, con un drastico ridimensionamento del comparto. Le entrate fiscali per lo Stato, pur presenti, sarebbero inferiori a quelle generate da un mercato pluralistico e ben regolato.
Un mercato che cresce nonostante tutto
A colpire, secondo Fortin, è la crescente domanda da parte dei consumatori, che aumenta anche in assenza di una comunicazione commerciale chiara. Le aziende non possono promuovere i potenziali benefici della cannabis light, per non rischiare di incorrere in violazioni legate alla normativa sui farmaci. Eppure, il passaparola e l’esperienza diretta dei clienti continuano a trainare il settore.
Un aspetto interessante rilevato dallo studio riguarda l’uso delle infiorescenze come alternativa al tabacco. Sempre più persone scelgono la canapa light non come semplice surrogato, ma come scelta consapevole e potenzialmente più salutare, contribuendo a ridurre il consumo di una delle sostanze più dannose e assuefacenti in circolazione.
L’identikit del coltivatore italiano
MPG Consulting analizza anche le differenti tipologie di produttori che operano nel mercato. Esistono i piccoli coltivatori, che vendono direttamente tutto il raccolto; i medi, che diversificano tra vendita al dettaglio e all’ingrosso; e i grossisti, che puntano su varietà standardizzate e grandi volumi.
È proprio il coltivatore medio a rappresentare l’anello più innovativo della filiera, sperimentando nuove varietà, selezionando i fenotipi migliori e agendo come “tester” per l’intero sistema. Tuttavia, è anche il soggetto più esposto al rischio di scomparsa in caso di monopolio, a differenza dei grossisti, che riuscirebbero a mantenere margini operativi anche in un contesto più rigido e centralizzato.
Cannabis e vino: un paragone che affonda le radici nella cultura
Lo studio propone un confronto suggestivo ma fondato: quello tra la cannabis light e il vino, due colture agricole legate al territorio, alla cultura e alla biodiversità italiana. Entrambe offrono un’esperienza sensoriale, vantano varietà locali pregiate e generano un ecosistema di accessori, ritualità e consumo consapevole.
Già nel 2018, associazioni di categoria come Federcanapa, Confagricoltura e CIA-Agricoltori Italiani hanno sviluppato un disciplinare tecnico ispirato ai modelli del comparto vitivinicolo, con l’obiettivo di garantire qualità, tracciabilità e sostenibilità ambientale nella produzione delle infiorescenze di Canapa Sativa L.
Una scoperta agronomica: la canapa nei vigneti migliora il suolo (e il vino)
Un ulteriore approfondimento contenuto nel report riguarda un esperimento condotto in Nuova Zelanda, pubblicato su New Zealand Wine Grower. La ricerca dimostra che la coltivazione della canapa nei filari di vigna migliora la fertilità del suolo, riduce l’uso di fertilizzanti chimici e aumenta la qualità del vino. Un dato che apre scenari interessanti anche per l’agricoltura italiana, sempre più orientata verso pratiche rigenerative.
La cannabis light merita una politica industriale
Il mercato italiano della cannabis light si muove, crea lavoro, genera valore e sperimenta nuove frontiere dell’agricoltura moderna. Eppure, resta incastrato in un limbo legislativo, senza tutele chiare né strategie di sviluppo a lungo termine. Lo studio di MPG Consulting fotografa con rigore il potenziale di questa filiera, lanciando un messaggio semplice: regolare non significa reprimere, ma valorizzare.
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