Gli ultimi studi condotti sulla cannabis e sui suoi benefici in campo medico hanno riguardato la tristemente nota malattia del momento: il COVID-19. Ma se le precedenti ricerche si erano concentrate sulle potenzialità del CBD e dei terpeni, un nuovo studio ha invece analizzato i potenziali effetti benefici del THC (delta-9-tetraidrocannabinolo).

Il THC per “far morire di fame” le cellule del Coronavirus

Dall’inizio della pandemia sono ormai diverse le ricerche che hanno reso evidente come le potenzialità antinfiammatorie di alcuni componenti della cannabis possano essere utilizzate per migliorare l’infiammazione e i danni respiratori associati al COVID-19. Ma ora dagli USA arriva un nuovo, promettente studio sugli effetti benefici del THC: i ricercatori dell’Università di Springfield (Massachusetts) hanno dimostrato come il noto principio attivo della cannabis possa bloccare l’aggressività del virus. 

I risultati della ricerca, pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Cell, mostrano come sia possibile portare alla morte le cellule del Coronavirus, attraverso l’assunzione del fitocannabinoide. Si tratta di una nuova strategia per abbassare i valori totali della glicemia nel sangue: il THC, associato alla somministrazione di Metformina, un farmaco ipoglicemizzante attivo nel trattamento del diabete mellito, innesca una reazione a catena che, coinvolgendo la Protein Fosfatasi 2A (PP2A), porta alla morte delle cellule del virus. Inoltre, sembra già dimostrato che i pazienti in terapia con il THC tollerino bene sia la riduzione glicemica, sia l’assunzione di Metformina.

Il THC per contrastare l’ARDS

Studi precedenti avevano evidenziato anche un altro beneficio derivante dall’assunzione di THC in caso di affezione da COVID-19. Il principio attivo sembra ridurre la mortalità da “Sindrome da distress respiratorio acuto” (ARDS), attraverso l’induzione dell’apoptosi (un meccanismo di morte cellulare programmata) nelle cellule immunitarie, portando alla soppressione della tempesta di citochine provocata dal Coronavirus. 

Questo causerebbe una sostanziale diminuzione dell’infiammazione polmonare, riducendo in maniera significativa l’aggressività del virus e permettendo quindi al paziente un successivo trattamento clinico non invasivo. In conclusione, tale studio suggerisce che l’attivazione dei recettori dei cannabinoidi può servire come modalità terapeutica, sia per prevenire, sia per trattare l’ARDS associata a COVID-19.

Un valido supporto terapeutico

Gli studi più recenti hanno dunque dimostrato che il THC può diventare un valido aiuto in ambito medico per contrastare alcuni aspetti legati all’infezione da COVID-19.

Agendo prevalentemente sul sistema endocannabinoide, composto da una rete di recettori distribuiti nelle cellule di tutto il corpo, il THC stimola importantissimi processi fisiologici di tipo antinfiammatorio. Per questo motivo, in alcuni Paesi la cannabis è ampiamente prescritta dai medici per curare differenti affezioni e le terapie a base di THC sono largamente validate e sfruttate. Tuttavia, è opportuno precisare che riguardo alla sua interazione col Coronavirus – virus “giovane”, del quale ancora poco si conosce – sono attesi ulteriori studi clinici, i quali dovranno valutarne l’efficacia a lungo termine e la tollerabilità in concomitanza con eventuali ulteriori terapie.