Qualsiasi discussione che contempli l’argomento inerente all’utilizzo della marijuana non fa prigionieri: le idee sono poche, ben confuse, e la conoscenza che si ha della materia è solitamente insufficiente. Tutto questo contribuisce a rendere i luoghi comuni sulla marijuana light credenze dure a morire.

Risultato di anni di indottrinamento negativo e sprezzante rispetto all’uso della cannabis, siamo inclini a credere che tutto ciò che derivi dal suo consumo sia dannoso e controproducente.

Stupirà pertanto scoprire che vi sono determinati luoghi comuni sulla marijuana light che la scienza ha voluto chiarire, riducendone non solo l’aura negativa che le è stata affibbiata per decenni, ma riconoscendole addirittura proprietà benefiche degne di rilievo.

È importante, innanzitutto, fare chiarezza sulla terminologia più diffusa, poiché pare esserci molta confusione sui significati attribuiti.
Va da sé che per un argomento delicato come la spiegazione degli errati luoghi comuni sulla marijuana light è un passo indispensabile.

Cannabis, marijuana e hashish: non sono la stessa cosa

Che sia per ignoranza o per disinformazione, troppo spesso questa terminologia viene confusa ed usata in maniera scorretta.

Con il termine cannabis ci si riferisce alla pianta nella sua interezza e cioè alla struttura composta da radici, stelo, foglie e fiori, e non viene intesa la differenza che intercorre tra le specie ad alto contenuto di THC e quelle destinate al comparto tessile.

Con il termine marijuana, invece, si indicano i fiori della pianta, aventi alta concentrazione di principi attivi. La solo assunzione è possibile dopo che la loro essiccazione è giunta a termine.

Infine il termine hashish indica il sottoprodotto di resine e pollini derivanti dalla cannabis, sintetizzato con lo scopo di esaltare i contenuti di THC e CBD.

Piccola ma indispensabile parentesi: il THC è una molecola psicogena che va ad alterare la coscienza e lo stato di una persona, mentre il CBD è una sostanza che non è psicoattiva, ma ha effetti rilassanti e antinfiammatori.

La marijuana light è un medicinale

Errato: in Italia l’unica marijuana autorizzata per la produzione terapeutica è di una sola varietà (la canapa terapeutica), mentre la marijuana light, in virtù del suo ridotto contenuto di THC, è destinata al solo uso ricreativo.

La marijuana light alimenta il mercato illegale

In Italia è la legge n. 242 del dicembre 2016 che regola la produzione di cannabis industriale italiana. Questo si traduce nel fatto che la commercializzazione è consentita nel momento in cui il prodotto non eccede lo 0,6% di THC contenuto in essa. La marijuana light, nella fattispecie, ne contiene lo 0,2%. Ecco perché non è né merce di spaccio né un prodotto pericoloso: contenendo un terzo del principio attivo consentito, sostenere che apporta effetti dannosi è quantomeno errato.

La marijuana light crea dipendenza

No. Il suo contenuto di THC (principio responsabile dell’effetto dipendenza), essendo ben al di sotto della quantità consentita dalla legge, non sortisce alcun effetto di assuefazione. La marijuana light nasce e viene venduta in virtù della sua concentrazione di CBD, motivo per il quale è destinata all’uso ricreativo

È l’ennesima trovata commerciale destinata a fallire

I luoghi comuni sulla marijuana light potrebbero far pensare che la cannabis legale possa essere l’ennesima trovata commerciale destinata a morire perché inconsistente; in realtà, in Europa il mercato legale della cannabis light è attivo e fiorente da quasi 20 anni. In Portogallo ha preso piede dal 2001, a cui si unisce il Canada, 10 Stati degli Usa, America del Sud, Paesi Bassi, Spagna, Croazia e Svizzera, continuando con Russia, Ucraina, Repubblica Ceca e tanti altri.