È ormai sulla bocca di tutti, anche di quelli che non erano a conoscenza del significato della cannabis light, ed è ora un argomento di discussione che sta portando questo mondo, il nostro mondo, sotto i riflettori. La miccia che ha avviato questo processo è stata la sentenza della Corte di Cassazione che, il 30 maggio 2019, ha dichiarato:

«La commercializzazione di cannabis sativa e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicazione della legge 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/53 Ce del Consiglio, del 13 giugno 2002, e che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati»

Ma cosa significa davvero? I nostri prodotti, coltivati e realizzati da noi personalmente con un THC inferiore allo 0,5%, possono ora essere considerati “illegali”? E, in virtù di questo, i carabinieri sono davvero autorizzati a sequestrarli?

La legge 242 del 2016: quando tutto ebbe inizio

Stando a quanto affermato dalla Corte di Cassazione, la legge 242 del 2016 non prevedeva, tra i derivati commerciabili della cannabis light, oli, resine, infiorescenze e foglie di cannabis sativa e, in sostanza, qualsiasi ricavato che potesse essere ingerito o inalato. Questi prodotti specifici, inoltre, derivano tutti dal fiore della canapa che, ad avvalorare la tesi della Corte di Cassazione, non viene mai nominato nella legge di riferimento, seppure prenda in causa tutta la pianta.

La legge 242 del 2016 è stata il motivo della nascita dei Weed shop in Italia, un mercato florido che, a distanza di due anni pieni e poco più, conta oltre 1.000 punti vendita nella penisola, con una filiera che vale 150milioni di euro e offre 15 mila posti di lavoro. Il punto chiaro e fermo di questa legge è che la cannabis light, quindi quella con un contenuto del principio drogante THC inferiore allo 0,5%, fosse commercializzabile purché non se ne facesse un uso ricreativo.

Se per il Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, tutti i negozi andrebbero chiusi all’istante perché ritenuti colpevoli di vendere sostanze droganti, la verità dei fatti, come si vede, è molto diversa.
La maggior parte dei consumatori che si è rivolta ai Grow Shop, infatti, non è mai stata alla ricerca di sostanze droganti, completamente inesistenti nei prodotti, ma ha sempre voluto sfruttare gli effetti positivi che caratterizzano questa pianta (diminuzione dell’ansia, dell’asma, dell’insonnia ecc.). Questa motivazione, anche se non esplicitamente dichiarata nella normativa, è sicuramente uno dei motivi che ha portato all’emanazione della legge 242 del 2016.

Il futuro che attende la legalità: un costante cambiamento

A pochi giorni dalle dichiarazioni della Corte di Cassazione, le forze dell’ordine hanno iniziato i primi sequestri nei Grow Shop di tutta Italia, tra cui anche i nostri.
Forti della sentenza appena emanata, in pochi hanno davvero capito tutti i passaggi di questa affermazione. Infatti, nel testo si può leggere chiaramente che:

«Integrano il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4 del dpr 309/1990,le condotte di cessione, di vendita e in genere la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa, salvo che tali prodotti siano privi di efficacia drogante»

Questo vuol dire che, qualsiasi sequestro e qualsiasi operazione, deve essere giustificato da un’effettiva valutazione dell’efficacia drogante dei prodotti – che, come già sappiamo, è inesistente.

Quindi, qual è la nostra conclusione? Noi riteniamo che le azioni intraprese nell’ultimo mese dalle forze dell’ordine, così come le parole pronunciate dal Ministro dell’Interno, siano estremamente prevenute nei nostri confronti e che l’inesistenza di ogni principio drogante nei nostri prodotti dimostrerà e avvalorerà la nostra tesi.
Per il momento, avendo sempre lavorato nella legalità e nel rispetto di ogni legge italiana o europea, oggi come ieri ci adegueremo alle necessità non avendo nulla da nascondere, ma continueremo a lottare, come tutti, per la verità.